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Per Jacques Vallon l'occupazione tedesca e la Resistenza sono solo un pretesto per giustificare la propria vocazione omicida: finita la guerra egli non avrà difficoltà ad ammettere la propria nostalgia per quegli anni di morte, cercando e trovando ogni occasione per prolungare la propria opera di giustiziere. [...] Grazie al sangue il goffo uomo-scimmia risplende, completamente trasfigurato come un redivivo conte di Montecristo. Ma sono lampi che per contrasto rendono ancora più nevrotica la vita di Vallon, scandita da giornate troppo uguali e inesorabilmente legata a un décor di squallidi bistrot, squallide prostitute, squallide strade piovose. [...] In questa prosa l'incandescenza è data dal desiderio del sangue: placato il quale, come dopo un amplesso, tutto si desemantizza, e le cose, come le parole, risprofondano in una intollerabile normalità. (dall'introduzione di Michele Mari).